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Editoriale

Le collezioni di Yohji Yamamoto sono e saranno sempre degli specchi in cui leggere aspetti personali della sua vita, della sua personalità, delle sue passioni ma anche delle sue paure. Raramente c’è un tema preciso che rimanda ad un personaggio o ad un’epoca e anche in questo suo ultimo lavoro c’è qualcosa che parla di lui, del suo riflettere sul mondo, la società, il lavoro, suo e dei colleghi. L’inserimento di capi e dettagli army viene ad esempio da una considerazione personale sulla passione dei designer per l’abbigliamento militare, quindi ecco pantaloni ampi infilati dentro anfibi stringati, cappotti e giacche da soldato, mono e doppiopetto, con diverse tipologie di bottoni, da quelli piccoli dorati a quelli maxi che riproducono scorpioni, leoni, aquile, da cui pendono delle cordicelle. E poi chiusure a montgomery, fili di seta che pendono qua e là e che in certi casi ricordano delle ragnatele, disegni sfumati e scritte in giapponese, il tutto sulle consuete magiche stratificazioni che il designer sa rendere sempre nuove, sempre diverse.